Il ministro segue il Consiglio di Sanità: «Non sono innocue»
Roma, l’ordinanza è il primo passo. Il secondo sarà un intervento legislativo più complesso che contempli anche la disciplina dell’etichettatura e della pubblicità. Le sigarette elettroniche, vera passione degli italiani del Terzo millennio, adesso dovranno fare i conti con qualche restrizione in più. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha firmato l’ordinanza che, recependo il parere del Consiglio superiore di Sanità, vieta la vendita di prodotti contenenti nicotina ai minori di 18 anni. Il medesimo provvedimento, inoltre, introduce il divieto di utilizzo delle sigarette elettroniche all’interno delle istituzioni scolastiche statali e paritarie e dei centri di formazione professionale. Una misura largamente annunciata e confermata, nei giorni scorsi, dallo stesso responsabile del dicastero. «Non vogliamo dire – ha spiegato ieri Lorenzin – che le sigarette elettroniche siano più pericolose della sigaretta normale, ma non vanno utilizzate come strumenti innocui. Bisogna essere informati su che cosa si usa. Un conto sono acqua e aromi, ma se c’è nicotina questa può creare dipendenza». Vietato ‘svapare’ nelle scuole, dunque, e assoluto divieto di vendita agli under 18. Ma la questione non è certo esaurita e il ministero fa sapere che si studiano interventi legislativi per la pubblicità e le etichette. UNA PROMESSA non accolta bene dal Codacons secondo il quale l’ordinanza del ministro è talmente indolore da risultare inutile. Di parere opposto i produttori che giudicano positivamente la mossa del ministro. «L’ordinanza – sostiene Massimiliano Mancini, presidente dell’associazione dei produttori di e-cig, Anafe – è da apprezzare per l’equilibrio che presenta e perché costituisce un altro mattoncino verso una regolamentazione del settore». «Vietare la vendita ai minori – aggiunge Mancini – e l’uso negli edifici scolastici, sono norme di buon senso a differenza dell’assurda tassazione, superiore persino a quella delle sigarette tradizionali, proposta dal governo e che rischia di far chiudere almeno il 60-70% dei punti vendita entro 90 giorni, con una perdita di non meno di 3.000 posti di lavoro». «E per un prodotto – conclude il presidente Anafe – che fa meno male a detta persino dell’Istituto Superiore di Sanità». Il riferimento è alle misure allo studio per compensare il mancato aumento dell’Iva. Tra queste, si parla di una tassa al 58,5% del prezzo di vendita per le e-cig. I produttori, ovviamente, sono preoccupati. Ma lo sono anche i consumatori visto che almeno due milioni di italiani le hanno provate e le usano occasionalmente. I ‘fedelissimi’ che sono passati in toto dalle ‘bionde’ alle elettroniche, sarebbero attorno al mezzo milione. Secondo i dati dell’Anafe i negozi di e-cig, in Italia, sono all’incirca 2.000 per un mercato che, già nel 2013, tocca quota mezzo miliardo di euro. Dietro tutto questo, una decina di aziende con 5.000 addetti.